DA SOLA NON PUOI USCIRE
L’isola che non c’è
L’inverno è quasi andato come anche il frizzo di andar da sola a cercare nuovi traguardi da raggiungere. Ciò che negli anni Alice ha imparato la porta alla ricerca della bellezza delle coste rare e poco battute dall’essere umano come Taylor in Groenlandia, habitat ancora naturali poco contaminati dal cemento e dall’asfalto. Lo studio della navigazione della sicurezza e dei rischi porta alla consapevolezza che “… in gruppo si va più lontano”, un proverbio banale ma anche il miglior meteorologo crede al suo ”rosso di sera …”.
Ebbene progettare un viaggio non è cosa semplice soprattutto se il viaggio in questione è una spedizione in kayak da mare su più giorni con camp marino annesso e relativi scongiuri di ogni sorte, dal meteo al ciclo.
Ma poi chi matto da legare ha voglia di andare in tua compagnia con il kayak pieno di ogni cosa in giro per lande sconosciute, proprio dove e come e quando vuoi tu?
Sembrano domande banali come i comuni proverbi ma è garantito che la buona riuscita di una spedizione in kayak è probabile come la scientificità di un fulmine attratto da un albero.
Ma ne vogliamo parlare di giorni imprecisi di convivialità in condizioni imprevedibili che potrebbero far affiorare innumerevoli problemi da risolvere, necessariamente insieme nel bene o nel male, del far inevitabilmente scelte di gruppo pur trovandosi nella condizione estrema di vivere su un mezzo galleggiante pieno di sacche stagne per la sopravvivenza, con la sola forza fisica e far fronte alle richieste che l’orlo della terra, modellato dal mare e dal vento, comanda senza nessun contraddittorio?
Un grande enigma da sciogliere per Alice, impossibile… Mettiamoci una pietra sopra!
Dopo il periplo di un’isola misteriosa e selvaggia, arida e verdeggiante dalle rocce rosso infuocato, del magma esploso da una frattura nella micro placca nel Tirreno e tonde come uova; ecco sei arrivato nel luogo dove inizia il tutto e il niente.
Il vento instancabile secca tutti i rami e rade ogni prato dei suoi germogli, solo rare specie animali e vegetali di sopravvivono al clima prepotente di questo posto, solo persone speciali riescono a sognare ancora. Con i piedi nell’acqua in equilibrio tra i sassi rossi, sotto il sole placato a tratti da folate di vento, l’amico sussurrando raccontò un sogno. Una visione di un sogno, che non era il suo, ma forse l’enunciato diventò proprio il suo, nel momento stesso in cui lo pronunciava contemporaneamente divenne il sogno di chi lo percepiva.
Accadde così che la visione onirica fluttuava nell’aria e s’impregnava del mare vaporizzato che s’infrangeva sulle rocce, vacillava nel miasma dei pensieri irrazionali dei presenti, o poco presenti ma anche degli assenti, un punto segnato su una mappa che indicava il luogo dov’era nascosto, così dice la profezia, il tesoro.
Bisogna cercare la mappa per trovare il tesoro, ma nessuna mappa per quanto precisa dirà esattamente del viaggio e di come sarà, mai nessun piano di navigazione riuscirà a prevedere come realmente sarà il percorso dell’esperienza del viaggio.
Ogni viaggio è misterioso come uno scrigno. L’inverno seguente attraverso i potenti mezzi della tecnologia contemporanea una decina di persone si ritrovarono quasi sconosciuti in un gruppo deputato alla ricerca della mappa migliore per raggiungere lo stesso tesoro.
Lo stesso tesoro? Un tesoro da dividere? Riusciranno mai personalità diverse, capacità diverse, tanti egoismi, tanti narcisismi a dividere con altri ciò che hanno tanto o forse da sempre desiderato?
La cosa che resta in piedi è che solo in gruppo si può fare questa spedizione, la realtà oggettiva che li tiene insieme e li fa reggere è che per arrivare all’incrocio con quelle coordinate precise in cui si intersecano quel meridiano e quel parallelo, occorre essere più di uno, è necessario che il mio viaggio sia ascoltato e condiviso e che da privato diventi pubblico. Appunto, lo so. Dunque: noi vogliamo sapere, per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare? Sa, è una semplice informazione...proprio così, non è uno scherzo lo giuro! È nato un gruppo ed ora brancola nel buio perché non trova la strada, in realtà si sa che qualcuno qualcosa sa di questa mappa, uno propone la carta nautica, uno lo stradario, l’altro il portolano, poi spuntano decine di modelli per le previsioni meteo e ipotesi di percorso…Ma qualcuno dovrà pur pianificare un percorso per la navigazione.
Come quando ci ritrova tutti insieme, qualcuno dovrà pur rompere con il silenzio e dire qualcosa.
Decidere non è cosa facile, in ballo c’è il cammino e le previsioni meteo, poi ci sono i bagagli personali che hanno il loro indiscutibile peso ed infine, ma non per importanza, le abilità personali e i narcisismi. Bella responsabilità per chi deve guidare. Il leader di una spedizione deve essere al servizio di tutto il gruppo, rinunciare ai propri bisogni e preferibilmente essere pronto ad ogni rischio, una grossa fregatura veramente.
Non appena gli obiettivi di un singolo membro del gruppo sostituiscono gli obiettivi collettivi del gruppo, le relazioni inizieranno a rompersi. Gli obiettivi di gruppo raramente vengono scritti ma implicitamente sono condivisi dai membri.
Ogni membro è responsabile del benessere di tutti gli altri membri del gruppo e deve avere a cuore i loro migliori interessi. Anche quando c'è un leader designato, tutti dovrebbero essere consapevoli dello stato mentale e fisico dei loro compagni di pagaiata. Se ci troviamo in una situazione di salvataggio, chi prenderà il controllo del gruppo?
Onestà, fiducia, rispetto e lealtà sono i principi fondamentali di ogni relazione e in gruppo che pagaia insieme deve esserci bidirezionalità. In effetti la maggior parte dei leader efficaci useranno stili diversi in circostanze diverse e li cambieranno senza soluzione di continuità fra loro. Essere un buon seguace è difficile come essere un buon leader di un gruppo.
Poi Alice scoprì che per condurre un gruppo c’era bisogno di un conduttore speciale che doveva possedere poteri singolari come lui.
L’esperienza è la prima dote, la capacità di fronteggiare i pericoli e la paura: aver superato le tempeste e dominato la paura conoscendo i propri limiti, dormire e sognare e in ultimo saper condividere.
Quindi alla fine quando cominciò a pagaiare e si ritrovò a fare quel viaggio non partì mica dal punto del Float Plan, altro che WWWW (who - where - when - what to do): tempo meteorologico diverso, partecipanti cambiati, percorso da reinventare e alla meno peggio, quasi sul momento, proprio dalla parte opposta di quella pianificata. Dopo un giorno scoprì anche che i viveri che aveva portato non erano adeguati allo sforzo che stava affrontando e provò la terribile sensazione di non farcela, di mettere a repentaglio la sua vita e la serenità del gruppo impegnata ad attraversare il vento alla bocca di un grande canale di tratte di imbarcazioni. Il luogo tutto richiedeva tranne che paura, lentezza e stanchezza.
Dopo due giorni scoprì che non sempre il leader era lo stesso e che anzi, a seconda delle situazioni, le scelte venivano prese insieme dalla maggior parte dei membri e chi per disposizione tendeva a seguire accettava le soluzioni. Il terzo giorno scoprì che quando vi era tensione ed il clima emotivo molto denso e teso tutti facevano appello ad uno, colui che ne aveva l’esperienza e dimostrava di padroneggiare la situazione. A volte nelle situazioni stressanti e di caos il conduttore osserva i movimenti del gruppo e lascia che si configuri una situazione più chiara, aspetta che i membri si posizionino in maniera più stabile su un assetto.
Mentre il gruppo si disperde qualcuno può finire in acqua, un altro può farsi trasportare dalla corrente, spaventarsi e bloccarsi, altri possono decidere di separarsi e proseguire, finché la circostanza non è chiara il conduttore del gruppo fa una serie di valutazioni di rischio seguendo categorie di priorità senza perdere di vista mai la necessità di proteggere tutto il gruppo e di riuscire a guadagnare il male minore in ogni circostanza.
Il briefing a terra è molto importante, una volta fuori dall’acqua discutere dell’esperienza serve per settare la consapevolezza, visionare le problematiche insorte, sistematizzare la programmazione per il giorno seguente in base all’andamento di quello appena trascorso. Modificare la rotta in base alle esigenze dei partecipanti è fondamentale se questo può mettere a proprio agio e favorire il proseguire del viaggio di tutti. Al contrario è facile che qualcuno possa decidere di fermarsi e allontanarsi dal gruppo. Anche questo può accadere certo, l’importante è che si comunichi e si dia la possibilità a tutti esserne al corrente e di comprenderne le motivazioni.
Esperienza bellissima la navigazione in gruppo, se fatta con cognizione di causa e con pagaiatori di un certo spessore si va sano e si va lontano.
Il tesoro? L’esperienza!
Articolo scritto da Maria Antonietta Cerrato
Maria Antonietta Cerrato è una kayaker emergente nata sulle rive della costiera amalfitana,.
Ama il mare, l'inconscio, la psicoanalisi di gruppo, e le trasformazioni.